Guardo giocare un gruppo di bambine e bambini di 10 anni, li osservo interessata a come si organizzano: dove si posizionano nello spazio a disposizione e che ruolo assumono in rapporto agli altri. È dalle interazioni tra loro nel gruppo, che si possono riconoscere ruoli spontanei – informali – di: leader, mediatore, leader dell’opposizione, gregario, umorista e vittima sacrificale.
Posso anche supporre che per alcuni di loro diventeranno ruoli formali, con i quali svolgere la loro attività lavorativa nella società.
C’è una bambina, in particolare, molto diligente a scuola, felice di partecipare alle attività didattiche, acuta negli interventi con la maestra, a volte, pare non aver paura di mostrare tutta la sua frustrazione quando non riesce a finire un lavoro, dimostrando di essere parecchio esigente con se stessa.
Si muove disinvolta, ha parecchie amiche e una del cuore, gioca indistintamente con tutti, anche a calcio, condivide con entusiasmo il successo comune, ma non è competitiva.
Sono dettagli, indicatori, con i quali intravedere un’attitudine a distinguersi, ad affermare le proprie ragioni, sapendo stare al proprio posto, a godere della socialità e della sorellanza, ciò descrive una bambina già competente in abilità sociali.
Chissà chi diventerà da grande, quale motivazione guiderà i suoi desideri, se riuscirà a realizzarsi professionalmente, senza cedere a troppi compromessi o alle lusinghe di un progetto grandioso e ciò nonostante, conservando spontaneità e libera espressione.
La storia dell’essere umano è piena di leader maschili e anche in psicologia sociale, del lavoro, si insegnano modelli elaborati dallo studio del comportamento maschile.
Dunque, si conoscono le caratteristiche di una posizione preminente con funzione di guida, che dalla fine degli anni ’80 si può trovare coniugata con la parola manager, questi sono i livelli apicali che fanno funzionare un’azienda.
Le capacità non sono messe in discussione, tuttavia mi preme sottolineare quanto si sia considerato un solo e unico schema gerarchico, quello della società capitalistica, in cui la leadership insegue la performance, i risultati, perdendo quasi completamente di vista l’essenza dell’esistenza umana: ambiente, salute e qualità della vita.
Ciò significa, vivere in un sistema teso a generare ansia da prestazione, competitività, disuguaglianza sociale ed economica, svalutazione della risorsa umana, e a creare una collettività frammentata e infelice.
È la rappresentazione dell’attuale società della performance, in cui la leadership femminile vuole emergere, portare il proprio contributo e trasformare il sistema gerarchico, con direzione verticale, in uno dal senso orizzontale. Una dimensione allargata fatta di collaborazione, valorizzazione di figure, riconoscimento delle risorse umane e della loro esperienza.
Si tratta di svolgere un ruolo autorevole, capace di orientare, motivare, coinvolgere e accogliere lo spirito di iniziativa come una ricchezza creativa generatrice di innovazione.
Sono richieste caratteristiche personali di adattabilità, empatia, capacità di delegare, ascoltare, coinvolgere, abilità sociali per gestire i rapporti umani e i conflitti, cura di sé e passione per ciò che fa.
Dobbiamo, insieme, trasmettere il significato della parità di genere, creare le condizioni per spegnere stereotipi limitanti, favorire l’autodeterminazione femminile, sostenerci, creare le condizioni per la sorellanza e realizzare reti generatrici di circoli virtuosi.
La leadership femminile può trasformare il mondo in un posto più accogliente.
Non so quella bambina cosa deciderà di diventare, ma ci auguriamo una leader!
Il sistema mondiale ha bisogno del contributo innovativo della leadership femminile.